Biografia di Sant’Oronzo





Oronzo nacque col nome Publio, 22 anni dopo la nascita di Cristo, da una nobile famiglia pagana. Il padre era tesoriere dell’imperatore e fu succeduto nella sua carica proprio dal figlio Publio all’età di 35 anni circa.

La tradizione vuole che un giorno san Paolo, l’Apostolo delle genti, consegnasse una sua Lettera a Tizio Giusto di Corinto, affinché la recapitasse a Roma. Mentre era in viaggio, Giusto fu sorpreso da una violenta tempesta, al largo delle coste salentine, che ne causò il naufragio presso l’attuale spiaggia di San Cataldo, dove fu salvato e curato da Publio e da suo nipote Fortunato.

Giusto parlò a Publio dell’unico Dio, e Publio, affascinato dal Vangelo, abbracciò la fede cristiana, ricevendo il battesimo insieme a suo nipote Fortunato e cambiando il proprio nome in Oronzo. Giusto e Oronzo cominciarono a predicare e furono denunciati dai sacerdoti pagani al pretore romano.

Tizio Giusto tornò a Lecce e resosi conto dell’ardore apostolico che animava Oronzo e Fortunato, li invitò a seguirlo a Corinto, per presentarli all’Apostolo Paolo. A Corinto furono accolti da Paolo, che consacrò Oronzo primo Vescovo di Lecce, dandogli quale compagno di apostolato il laico Tizio Giusto, e nominando Fortunato successore di Oronzo. Tornati nel Salento, predicarono Cristo alla popolazione convertendone buona parte, ma l’inasprimento delle persecuzioni contro i Cristiani voluta dall’imperatore Nerone (64 d.C.) con l’invio a Lecce del ministro Antonino, costrinse Oronzo e Giusto a un esilio forzato da Lecce. Così intrapresero, un lungo viaggio missionario, che li portò in varie città della Puglia e della Lucania.

Nel loro viaggio apostolico Oronzo e Giusto predicarono il vangelo e celebrarono la Messa ad Ostuni e Turi, in grotte carsiche scavate nel sottosuolo con le quali riuscivano a sfuggire alle persecuzioni di Nerone e del suo ministro Antonino.

Andando via da Turi, i due apostoli si recarono a Siponto, a Potenza, a Taranto, per tornare, quindi a Turi, dove furono trovati dai legionari e ricondotti a Lecce, dove al termine di un processo sommario furono accusati di perduellio (alto tradimento nei

confronti degli dei dell’Impero) e vennero condannati a morte per decapitazione. Dopo undici giorni di tormenti e vessazioni, furono condotti a tre chilometri da Lecce dove suggellarono il loro amore a Cristo col martirio mediante decapitazione. Era il 26 agosto dell’anno 68 dopo Cristo. I loro corpi furono pietosamente ricomposti e portati in gran segreto in una casupola di campagna di proprietà di una matrona cristiana, di nome Petronilla. In seguito, in quel luogo fu edificata una cappella poi sostituita da una chiesa progettata dall’architetto ingegnere Gaetano Capozza denominata dai leccesi “La Capu te Santu Ronzu”, cioè S. Oronzo fuori le mura.