XXVI – STORICITA’ E VALORE DEL MARTIRIO

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“Carissimi, … e posso mai tacere, chiudermi nel silenzio, quando so che Dio ha onorato con così gloriose e numerose opere i miei più cari amici? Già alcuni di voi col martirio ci hanno preceduti per ricevere la corona dei meriti, altri o carcerati, o condannati alle miniere e nei ceppi danno con la lunghezza delle sofferenze prove magnifiche, incoraggiano, fortificano così i fratelli, aumentano, col ritardare e allungare i supplizi, i titoli alla Ricompensa” (San Cipriano).

“Chiunque è testimone della verità, o a parole o anche nei fatti o in qualsiasi altro modo e può giustamente essere chiamato martire.

Ma ormai tra i cristiani, a causa della loro ammirazione verso quelli che lottarono per la verità o per le virtù fino alla morte, è prevalso l’uso di chiamare “martiri” soltanto quelli che hanno dato la loro testimonianza sul Mistero di pietà con lo spargimento del sangue” (Origene).

Dicendo: “Abbiamo veduto la Vita e le rendiamo testimonianza”. “Abbiamo veduto e siamo martiri”.

Per dare testimonianza di ciò che udirono dai testi oculari – poiché ciò dispiaceva a quelli contro i quali quella testimonianza era diretta – soffrirono tutto ciò che soffrirono i martiri. I testimoni di Dio sono i Martiri” (Sant’Agostino).

“Anche Paolo ci esorta ad imitare il Signore in tutto quel che desideriamo, onde consentire l’adempimento delle Promesse… Oltre a ciò, ci propose la comparazione del tempo presente con la Gloria futura, dicendo: “Stimo che le sofferenze del tempo presente non possono essere paragonate alla gloria futura che si rivelerà in noi” (ROM. 8,18). Pensando a questo splendore di gloria, ci conviene soffrire tutti i tormenti e le persecuzioni, perché anche se le vessazioni che vengono inflitte ai giusti sono molte, da tutte peraltro sono Liberati coloro che confidano in Dio. Pensiamo al futuro, al gaudio del Regno eterno, all’abbraccio e al bacio del Signore” (San Cipriano).

“Furono una immensa moltitudine i Martiri. Lo scrittore pagano Tacito afferma che al tempo dell’imperatore Nerone subì la morte “ingens multitudo”.

Cassio riporta che l’imperatore Diocleziano “fece morire con molti altri, il cugino, il console Flavio con la moglie Domitilla.

Gli Apostoli Pietro e Paolo dichiararono nelle Lettere, e l’Apocalisse, che i cristiani vissero nel turbine della sofferenza e furono oppressi da molte angustie.

Le testimonianze storiche quali sono le Lettere dei Cristiani di Lione, l’Apologia di San Giustino, gli scritti di Tertulliano, le Lettere di San Giustino, ecc. …tutte convergono sul grande numero di martiri e dei loro grandi supplizi” (cfr. “La Parola di Cristo”).

“ A questi uomini (Pietro e Paolo) che sono vissuti nella santità venne ad aggiungersi una grande moltitudine di eletti i quali, avendo sofferto ancora a causa dell’altrui odio, sostennero persuasioni come Danàidi e Dirci. Sostennero oltraggi terribili ed empi e così giunsero alla meta della fede. Quantunque deboli di corpo ricevettero un nobile premio… Teniamo gli occhi fissi sul sangue di Cristo e comprendiamo quanto è prezioso per Dio, suo Padre, il sangue di Lui che, sparso per la nostra salvezza arrecò al mondo intero la grazia della conversione” (San Clemente I, Papa).

“Non si ha il diritto di riconoscere il coraggio che era necessario per essere e vivere da cristiani” ammetteva perfino Harnaack.

Nel passato, nel recente, nell’oggi lungo tutte le plaghe del mondo, ci sono i luoghi lungo i quali il sangue dei Martiri della fede ha irrigato la terra, ha purificato la iniquità, ha acceso la carità negli umani egoismi, ha infuso speranze, ha additato mete mai prima sognate, ha sollecitato alla Giustizia, ha confermato i fratelli nella fede: sempre: ieri, oggi, domani quel sangue sarà seme di nuovi cristiani.